China's Belt and Road Initiative 500 days after the 2017 Beijing Summit: developments and prospects


Pubblicazioni Easternational

Roma, 1 ottore 2018 - Conferenza internazionale organizzata da Istituto Affari Internazionali (IAI) ed Easternational. In allegato galleria fotografica dell'evento e presentazioni Power Point dei relatori.

Il convegno del 1 ottobre aveva come obiettivo raccogliere le esperienze e i punti di vista di altri paesi UE sulla Belt and Road Initiative, abbandonando quindi il tradizionale focus italo-centrico dei numerosi convegni tenutisi sul tema dal 2016 in poi. Come tale, è stata la prima iniziativa del suo genere in Italia.

Ferdinando Nelli Feroci, Presidente dello IAI ha fatto gli onori di casa insieme a Marco Marazzi, Presidente di Easternational. Entrambi hanno sottolineato l’importanza di un approccio coordinato a livello europeo nell’affrontare sfide e opportunità derivanti dalla Belt and Road Initiative, ma anche l’unicità delle questioni che il progetto presenta e che non sono tutte di competenza esclusiva dell’UE. L’Ambasciatore Nelli Feroci ha anche sottolineato la centralità  degli aspetti infrastrutturali del progetto per un paese come l’Italia collocato al centro del Mediterraneo. Marazzi ha ricordato la creazione del China-EU Co-investment Fund e ha auspicato che questo sia un primo passo per una maggior cooperazione tra Europa e Cina anche in Africa.

Nel suo keynote speech, il Presidente Gentiloni ha ricordato innanzitutto la presenza italiana al Summit di Pechino del maggio 2017, unico tra i paesi del G7 ad inviare una delegazione capeggiata dal capo di governo, e il peso che la Cina ha dato alla presenza italiana.  Affronare la BRI con un approccio europeo, ha detto Gentiloni, è fondamentale, ma su alcune questioni l’Italia non può attendere che si muova l’Unione Europea, che richiede tempi lunghi e coordinamento tra i vari paesi.   L’ambasciatore Li Ruiyu ha concluso il panel introduttivo facendo un lungo excursus sulla storia del progetto e l’evoluzione presa negli ultimi anni, spiegando che intenzione del governo cinese è coordinare le direttive e gli investimenti del progetto con tutti i paesi interessati. Nel ricordare il rapporto speciale tra Cina ed Italia, l’ambasciatore ha anche menzionato come gli unici stranieri inclusi in un monumento che celebra le personalità più importanti per la storia della Cina siano due italiani: Matteo Ricci e Marco Polo.

Il primo panel, moderato da Nicola Casarini, ha visto la partecipazione di Françoise Nicolas, ricercatrice dell’Institut Français des Relations Internationales e George Papaconstantinou, docente ed ex Ministro delle finanze e dell'ambiente, dell'energia e dei cambiamenti climatici in Grecia.

Nicolas ha spiegato che l’obiettivo della BRI è aumentare la connettività, non solo con infrastrutture fisiche, ma con un’espansione dei settori in area legale, turistica, di sicurezza e doganale. Questo comporta una cooperazione “intangibile” su standard e scambio di merci e informazioni che include le infrastrutture “soft” come quelle digitali. Negli ultimi cinque anni l’espansione della BRI è stata anche geografica, passando dal connettere l’Asia all’Europa con un impatto di livello mondiale, dall’Artico al Sudamerica.
Secondo la Nicolas la BRI va vista come un tentativo di allineamento delle priorità interne ed internazionali della Cina. Questo comporta una ristrutturazione della governance globale nel nuovo sistema multipolare in cerca di una guida e di una nuova forma di globalizzazione. Secondo l’economista francese, c’è una reciproca prudenza tra Cina ed Europa e da parte dell’UE è necessario un maggiore dibattito interno che aiuti a comprendere tutte le dimensioni della BRI e favorisca i progetti di connettività senza ingenuità sui fini ultimi della Cina.
Papaconstantinou, il cui intervento si è focalizzato principalmente sulla Grecia e i Balcani, si è trovato d’accordo, spiegando che l’assenza di una posizione chiara da parte europea ostacola la definizione di regole comuni. Nella regione si affiancano investimenti infrastrutturali, come nel porto del Pireo, ed attività finanziarie, come i prestiti. Grecia e Balcani hanno una posizione cruciale nella geografia della BRI, visto che connettono l’Europa al Mediterraneo e al Golfo di Persia. I progetti nell’area da parte cinese sono precedenti alla BRI e rientrano nell’alveo della “Via della Seta dei Balcani”, una serie di progetti infrastrutturali che ha permesso alle nazioni balcaniche di accumulare capitali e smarcarsi dall’influenza di Ankara e Mosca.
Da parte cinese, la Grecia è vista come porta di ingresso privilegiata all’Europa. Non è dunque un caso l’acquisizione del Pireo da parte di COSCO nel 2009 con una prima quota del 50% in cambio di liquidità e investimenti. Questo affare ha portato ad ulteriori investimenti in turismo, energia ed altri settori. La Cina ha l'appetito, il gusto del rischio e una strategia di investimenti a lungo termine. Si è dimostrata credibile con le autorità e le imprese greche, ottenendone la fiducia nel momento più drammatico della crisi greca, ed è ora in una posizione privilegiata.

Nel panel successivo, moderato da Andrea Goldstein, economista dell’OCSE e membro del Comitato Scientifico di Easternational, si sono confrontati Przemyzlaw Kowalski, Presidente del Centro per la Ricerca Economica e Sociale di Varsavia e Yu Jie, accademica della London School of Economics e adviser di numerosi governi ed organizzazioni internazionali sulla Cina. L’intervento di Kowalski si è focalizzato prevalentemente sull’Europa Orientale, che si considera un ponte tra la Cina e il resto del continente. La maggior parte degli investimenti cinesi in Polonia sono privati: non ci sono grandi investimenti pubblici in ottica BRI, il che riflette l’assenza di fondamenti economici o politici. Tra i problemi economici c’è il principio di vantaggio competitivo: i sussidi governativi alle imprese cinesi creano distorsioni sui mercati internazionali e la bilancia commerciale della Polonia, ma anche del resto dell’Europa centro-orientale, è totalmente sbilanciata a favore di Pechino. Tra i problemi politici c'è l'opposizione dell'UE, che teme una possibile rottura dell'unità europea. Inoltre la BRI non è vista favorevolmente dagli USA, né dalla NATO, e un potenziale avvicinamento alla Cina è visto con sospetto.
Yu Jie ha ribadito un concetto espresso da Françoise Nicolas, ovvero che la BRI è una combinazione tra politiche interne ed esterne della Cina per lanciarsi a livello globale. Il Regno Unito, a prescindere dalla Brexit, è un punto di riferimento per la Cina, nell'ambito delle democrazie occidentali, considerata la guerra commerciale con gli USA e lo scetticismo di Bruxelles. Molte grandi società britanniche hanno già partnership con aziende cinesi, tuttavia non vogliono che il governo si impegni nella BRI. La stessa Theresa May a Pechino ha detto che non darà il suo appoggio alla BRI, poiché incerta dei vantaggi per il Regno Unito, contraddicendo quanto anticipato dal Cancelliere dello Scacchiere, Philip Hammond pochi mesi prima. Il Regno Unito punta a offrire servizi legati alla BRI, che alla Cina fanno comodo per ottenere più appoggi occidentali. E' tempo per la Cina di diventare meno 'Sinocentrica' e mettersi nei panni delle altre nazioni per convincerle a integrarsi nella BRI.

Nel panel finale su BRI e Italia il Sottosegretario per lo Sviluppo Economico Michele Geraci ha esposto i recenti passi del nuovo Governo verso la Cina, culminati nel memorandum di intesa. Secondo Geraci, l’approccio italiano deve essere di apertura verso Pechino, pur rimanendo nell’alveo delle relazioni con NATO e UE, all’interno della quale si sta aprendo una frattura tra paesi del nord, scettici verso gli investimenti cinesi e quelli del sud, che hanno bisogno di liquidità e per i quali la prossimità geografica all’Africa apre opportunità come potenziale hub di riferimento per il commercio cinese.
Introducendo il terzo ed ultimo panel, Goldstein ha tracciato una panoramica del commercio tra paesi BRI e Italia, che vi esporta prodotti farmaceutici, alimentari, energetici e auto, con una maggiore penetrazione in Albania, Bahrain, Kazakhstan, Croazia. La discussione è proseguita con Alessandro Decio, Managing Director di SACE, Davide Cucino, Presidente della Camera di Commercio Italo-cinese e Vincenzo Ercole, a capo dell’area International Business Development della Farnesina.
Decio ha individuato nella qualità e nella sinergia tra pubblico e privato nell’export, il successo delle performance italiane all’estero. Le compagnie italiane non possono competere direttamente con quelle cinesi per questioni di dimensioni e poiché il sistema di sostegno delle esportazioni non ha infrastrutture tali da permetterlo. Secondo Cucino, uno dei modi per aumentare le esportazioni, è lavorare su principi e nuove regole comuni sotto l’ombrello della BRI. Tra gli ostacoli al momento ci sono l’assenza di un punto di vista comune sulla BRI all’interno delle istituzioni europee e il fatto che la maggior parte dei lavori (l’89%) venga realizzato da imprese cinesi anche in paesi terzi. Secondo Cucino, la strategia “Made in China 2025” offre una grande opportunità alle aziende italiane, che sono forti in tutti i 10 pilastri su cui si fonda questo progetto. Anche Vincenzo Ercole ha trovato numerosi spazi di cooperazione con le imprese cinesi, i cui investimenti in Italia come Pirelli, Atlantia e il porto di Vado Ligure sono solidi, a lungo termine e portano benefici al paese. Ercole conclude dicendo che occorre rafforzare le nostre PMI per permettergli di lavorare con fondi di sviluppo multilaterale.
L’evento è stato un successo, con considerazioni interessanti da parte dei relatori e del pubblico che li ha incalzati con diverse domande. Una conferenza unica nel suo genere in Italia a cui speriamo ne seguano delle altre.


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