Turchia. La cerniera tra Oriente e Occidente, l'hub centrale delle vie di trasporto e delle pipelines del continente eurasiatico – anzi, afro-eurasiatico.


In virtù della sua posizione geografica e per esplicita scelta di politica internazionale - la dottrina dello “stato centrale” professata dall'ex Ministro degli Esteri e poi Primo Ministro Ahmet Davutoğlu-, la Turchia aspira a consolidarsi come una delle componenti decisive lungo le nuove vie della Seta. Un progetto che il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha accolto con concreto entusiasmo e ha inserito nella retorica della “nuova Turchia” che guarda a un futuro di più incisiva rilevanza regionale e globale; mentre Davutoğlu ha definito le nuove intese politiche ed economiche tra l'ex impero ottomano e l'ex impero cinese “il risveglio della storia”.

La cifra totale degli investimenti infrastrutturali è eloquente. Secondo i dati diffusi qualche mese fa dal Ministro dei Trasporti Ahmet Arslan, sono stati spesi dal 2002 – da quando il partito Akp di Erdoğan ha assunto il potere – circa 100 miliardi di dollari in progetti di ogni tipo e altri 65 verrano utlizzati per il futuro completamento di circa 3500 piccole e grandi opere. Porti (commerciali, turistici), aeroporti, linee ad alta velocità, ponti, tunnel: fare una lista esaustiva è impossibile. Le caratteristiche degli interventi principali sono però comuni: ricerca di soci internazionali di qualità, finanziamento attraverso partnership pubblico-privato, utilizzo di tecniche e tecnologie all'avanguardia (che vengono acquisite dalle aziende turche), scelte dei percorsi con criteri strategici e non elettorali, celerità nel completamento dei lavori.

L'alta velocità ferroviaria è il settore maggiormente interessato da questo innervamento infrastrutturale, quello che presentava i più gravi ritardi: un’ autentica novità in Anatolia, visto che  la prima tratta da Ankara ad Eskişehir (in direzione Istanbul) è entrata in funzione nel 2009 e il completamento c'è stato nel 2014, mentre la Ankara-Konya e la Konya-Eskişehir sono entrate in servizio rispettivamente nel 2011 e nel 2013. Gli obiettivi sono estremamente ambiziosi e sono stati enunciati in vari programmi di governo: costruire entro il 2023 (nel centenario della Repubblica, una data dal grande valore simbolico) 10.000 chilometri di alta velocità e portare l’estensione totale della rete ferroviaria da 11.000 a oltre 25.000 chilometri, con un investimento complessivo di circa 45 miliardi di dollari solo per l'alta velocità; tra le linee in costruzione: la Istanbul-Izmir verso il mar Egeo, la Konya-Karaman-Mersin che doterà la regione manifatturiera più dinamica del paese di uno sbocco sul Mediterraneo.

Lo stesso Erdoğan, nei suoi discorsi ufficiali, ha più volte fatto riferimento ai progetti ferroviari realizzati come la “via ferrata della Seta” (demir ipekyolu, in turco). Soprattutto a due: il tunnel sotto il Bosforo (Marmaray) in funzione dal 29 ottobre 2013 e la linea Baku-Tbilisi-Kars inaugurata il 29 ottobre 2017, che formano un legame quasi ininterrotto – a parte la necessaria navigazione sul Caspio – tra Londra e Shangai (quest'anno verrà completato il tratto urbano di Istanbul, attraverso il Marmaray, che consentirà il passaggio sia dell'alta velocità passeggeri sia delle merci).

La stessa Istanbul, grazie a nuovi e sempre più ambiziosi interventi, è destinata a diventare un perno imprescindibile dei corridoi e dei traffici commerciali da Est a Ovest, da Sud a Nord – e viceversa. Oltre ai due ponti storici pre-esistenti, negli ultimissimi anni sono stati attivati per l'appunto il Marmaray che è un tunnel solo ferroviario, il terzo ponte sul Bosforo che è sia stradale sia ferroviario, un secondo tunnel stavolta solo stradale; mentre è in fase di studio un ulteriore tunnel a tre piani che sarà come il terzo ponte sia stradale sia ferroviario e fornirà numerose intersezioni alla rete ferrata urbana (destinata a passare dai 45 chilometri del 2002 ai circa 1000 nel 2023 e oltre).

Il terzo ponte sul Bosforo ha altre due peculiarità: la prima, è che è stato costruito da una joint-venture di cui ha fatto parte la Astaldi, a cui si devono anche il ponte sulla baia di Izmit decisivo per ridurre drasticamente i tempi di percorrenza autostradali da Istanbul a Izmir e il nuovo ponte sul Corno d'oro a Istanbul; la seconda, è che vicino com'è al mar Nero, sarà punto di transito – anche con l'alta velocità – da e verso il nuovo grandioso aeroporto (operativo da fine 2018, 200 milioni di passeggeri a pieno regime) e al progettato “canale Istanbul” – parallelo al Bosforo – che se realizzato assorbirà tutto il traffico marittimo commerciale.

E non è finita. Perché la Turchia ha avviato un ulteriore grande progetto infrastrutturale, d'impatto regionale: un anello autostradale attorno al mare di Marmara – il terzo ponte è una componente decongestionante, la Astaldi ne sta costruendo comunque un tratto – che liberà Istanbul dal traffico pesante, il cui coronamento sarà un ponte sospeso sui Dardanelli previsto come il più lungo al mondo. Il colosso internazionale delle costruzioni non è in questo caso coinvolto; ad ogni modo, le aziende italiane –  - nonostante il raffreddamento dei rapporti tra la Turchia e i paesi dell'Ue  – hanno nel passaggio in Anatolia delle nuove vie della Seta un'occasione straordinaria da non lasciarsi sfuggire.
  


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